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martedì 20 dicembre 2011

Untitled - Parte prima

...Fattomi lancia e scudo delle prische conoscenze, ho combattuto.


"La cosa non mi sorprende affatto, sono sempre stati due arrampicatori sociali, probabilmente se trovassero due ricchi ereditieri sarebbero capaci di mandare a puttane la loro famiglia pur di avere qualcosa in più da spendere" Disse Winston Mansell sorridendo alla moglie, mentre con una mano reggeva il piatto che stava passando sotto il getto d’acqua del lavandino per togliervi il detersivo.
"Avresti dovuto vedere come quella troia di Stacey come ci provava col signor Addison, tanto squallida da far ridere, però, Dio, quello se l’è portata nel suo ufficio per “parlare”, quindi credo abbia ottenuto qualcosina" Aggiunse Jennifer Mansell con lo sguardo perso nel vuoto e un mezzo sorriso disegnato sul volto, come se fosse in contemplazione del ricordo descritto dalle sue parole.
"Perché non fai anche tu qualche chiacchierata col signor Addison? Dopotutto sei sempre stata molto brava a parlare e magari riusciamo a comprarci quella cavolo di lavastoviglie ed eviteremmo di screpolarci le mani usando questo detersivo da due dollari." Il sorriso ironico e provocatorio si delineò sul volto di Winston che lo rivolse alla moglie.
"Vaffanculo, Winston!" Disse lei istintivamente, senza neanche aver capito che si trattasse di una provocazione "Perché non ci vai tu dal signor Addison? Mi sembra che gradisca anche gli uomini, certo, col culo peloso che ti ritrovi potresti avere qualche problemuccio."
Winston Mansell rimase qualche secondo in attesa, osservando il volto della donna, aspettando che vi si delineasse un sorriso, questo non accadde, sembrava davvero risentita dalla battuta del marito, ma Winston non le avrebbe mai chiesto scusa, per lui anche la più piccola diatriba diventavo motivo di preservazione dell’orgoglio.
"Miao! Come siamo graffianti oggi! La mia mogliettina non capisce neanche l’ironia?"
"Lo sai che l’ironia non la capisco" disse finendo di asciugare un piatto e ponendolo in cima alla pila che si era formata alla sua destra "E poi chi ti ha detto che io voglia una lavastoviglie? Lavare i piatti è uno dei momenti più belli della giornata, almeno spettegoliamo un po’, sai quanto io adori farmi i fatti degli altri" sembrava aver concluso, ma di certo neanche Jennifer era tipo da chinar il capo e preferire lasciar cadere la questione che affrontarla "Oppure il mio maritino non può rovinarsi le sue manine d’oro? Che c’è? Con le mani screpolate ti si irrita il pisello quando vai a pisciare?" Lo provocò apertamente. Avevano un modo diverso d’intendere l’ironia e la provocazione: Winston non aveva problemi a riconoscerle entrambe e sapeva usarle in maniera sottile ed ambigua, senza alcun fondo di cattiveria. Almeno non verso sua moglie.
Jennifer provocava in modo diretto ed aperto, ritenendo che essere espliciti desse più enfasi alla sua istigazione, compensando il fatto che una provocazione aperta risultava facilmente attaccabile, e soprattutto sconveniente in pubblico; questa era solo una delle tante cose in cui i due differivano completamente, ma tanti erano i punti di differenza quanti erano i punti di comunione. Erano sicuramente una coppia interessante.
"Ma come sei volgare, ogni due parole scatta un riferimento sessuale, sei proprio una ninfomane, moglie" Concluse quello continuando a far ricorso alla sua ironia, ben sapendo che la moglie non l'avrebbe capita e se la sarebbe presa ancor di più, adorava farla arrabbiare.
Quella volse lo sguardo verso di lui e gli sorrise. L'aveva capita.
"Che ore sono, Jennifer?" Chiese Winston mentre asciugava l'ultimo piatto per poi riporlo nella credenza in cima ad una pila di altri sei piatti identici.
Jennifer Mansell sotrasse la mano sinistra al flusso d'acqua ed osservò per un attimo l'orologio impermeabili da due soldi che aveva al polso "Le quattro e un quarto" Rispose senza alcuna particolare inflessione e senza volgere neanche per un attimo gli occhi verso il marito.
"Tra meno di un'ora devo tornare a lavoro" Aggiunse più rivolto a se stesso che alla sua metà.
"Beato te, io ho il turno di notte alla lavanderia" Rispose Jennifer Mansell rattristandosi e sbuffando al solo pensiero del lavoro. Odiava il turno di notte, nonostante iniziasse alle sei del pomeriggio, non riusciva a godere delle ore libere precedenti poichè il pensiero del lavoro gravava talemente tanto nella sua mente che, non appena questa riusciva a distrarsi per un attimo, le veniva subito riproposto da qualche anfratto maligno del suo cervello il ricordo delle ore di noia e tedio che l'attendevano.
Winston Mansell non replicò e passò a lavare le posate.
La citta di Chicago era orribile in quel periodo dell'anno, afflitta quasi sempre da vento e pioggia, e anche le poche volte che c'era il sole nella Windy City i pali della luce si accendevano quando gli ultimi raggi di luce morenti ancora illuminavano la città e queli lampioni già accesi durante quei pochi minuti in cui la luce naturale ancora raggiungeva la città, davano alla città una senso spettrale e cupo, come crudeli nunzi dell'inverno.
Winston Mansell fu costretto a prender parte a questo lugubre quadro, inserendosi nelle strade della città per raggiungere la tabaccheria di cui era proprietario. Il rumore dei suoi passi era praticamente impercettibile nel frastuono della metropoli, eppure lui riusciva ben a sentirlo ed era su questo ch si concentrava mentre camminava, sui suoi piedi, osservandone l'avanzare quasi ipnotizzato, sentendosi quasi come se non fosse lui a muoverli ed a creare l'ipnosi, ma fosse solo vittima di quel movimento. I suoi occhi erano ben fermi sulle scarpe, delle immagini che recepivano però la mente elabroava giusto il minimo per non perdere completamente il contatto con la realtà, alla mente serviva solo un qualcosa di stabile su cui posar gli occhi per non dover prestare troppa attenzione a ciò che avveniva tutt'intorno, in modo da poter spaziare e dilungarsi su riflessioni e considerazioni di cui Winston Mansell, proprio come il movimento dei piedi, vi era solo partecipe. Era un'ottima tecnica di difesa; lo spettro del lavoro aleggiava pesantemente anche su di lui e più si avvicinava al luogo delle fatiche più lo spettro gravava su di lui, perdersi in queste oasi di libertà ed astrazione lo proteggeva dallo spettro e rendeva meno faticosa la parte meno bella della giornata.
Finalmente quel movimento immutabile cessò e Winston, con le chiavi nella mano destra, aprì la tabaccheria, salendo quel piccolo gradino in marmo bianco che dava l'ingresso a questa; l'entrata dell'inferno così l'aveva battezzato. Entrato girò con la mano sinistra il cartello appeso sulla porta di vetro, sul quale era possibile leggere: OPEN.

E' da oltre un anno che non scrivo una storia, noterete la scrittura un po' forzata e gli errori di punteggiatura.
Per la prima vogliate scusarmi: mi scioglierò col tempo.
Per la seconda: sono le due di notte, sono seduto sul cesso, e non ho alcuna voglia di ricontrollare.

Vi auguro una buona lettura
Marco Migliaccio