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martedì 13 settembre 2011

La moda di essere "se stessi"



















Tra gli anni '60 e gli anni '70 ha preso piede una nuova concezione dello stile e del rapporto con gli altri: essere se stessi.
Essere se stessi inzialmente voleva dire valorizzare l'individuo per quello che era e non per quello che mostrava, sminuendo l'apparenza e dando importanaza all'essenza, non mi dilungo sul rapporto tra apparenza ed essenza, su questo problema hanno discusso per anni filosofi ed intellettuali ad incominciare da Eraclito.
Concentriamoci sulle tre regole fondamentali di questa nuova moda.
Prima regola: fregarsene di come si è o di come ci si presenta, quello che conta è quello che hai dentro.
Seconda regola: fregarsene di cosa pensano gli altri e fregarsene di come ti considerano.
Terza regola: conformarsi è sinonimo di poca personalità e debolezza.
Adesso, queste regole all'inizio incarnavano dei buoni ideali, anche condivisibili, ma col tempo si sono deformate fino a diventare quasi ridicole. In questo post le analizzerò tutte.
Fregarsene di come si è: questo vuol dire accettarsi nonostante ogni difetto si abbia, paradossalmente questa regola ha portato la gente ad incrementare i propri difetti. Ho visto poco tempo fa la pubblicità della serie Glee, dove un gruppo di persone di ogni tipo canta e balla la canzone: I was born this way, che, per quanto sia orecchiabile e piacevole, incarna proprio questi ideali. Vedere una grassona negra che balla quella canzone, quasi fiera di essere così, non è proprio il massimo. Adesso non vi dico che bisogna rinchiudersi in casa, piangere, e diventare anoressici se si è sovrappeso, lungi da me una tale considerazione, ma fregarsene del tutto della propria apparenza E' SBAGLIATO. Questo ideale inzialmente voleva dire: se qualcuno non ti accetta per come sei realmente, allora allontanalo; naturalmente la frase "per come sei realmente" si riferiva alle tue  idee e le tue opinioni, cioè se qualcuno non accetta le tue opinioni, allora allontanalo. Questo è giusto, ma, naturalmente, la massa d'idioti l'ha intesa così: a che serve cercare di migliorare il proprio aspetto fisico? Tanto importa quello che ho dentro. L'apparenza è importantissima. L'apparenza può essere modificata, può mostrarti in diversi modi a seconda delle occasioni, renderti VERSATILE, ed è ancora più importante oggi, visto che adesso è l'apparenza la prima cosa a cui si da importanza. Ignorare l'apparenza vuol dire avere poca cura di sè, questo porta ad essere sciatti e di conseguenza, ancora più evitati. Oggi seguire questa regola produce esattamente il risultato opposto di ciò che si voleva ottenere.
La stessa cosa vale per i vestiti: chiunque e ripeto CHIUNQUE avrà sentito da diverse persone, o avrà detto lui stesso questa frase dinnanzi alla contestazione di un modo di vestire o din un capo d'abbigliamento: ma che me ne fotte? L'importante è che piace a me, deve piacere a me. SBAGLIATO.
Non deve piacere SOLO a te. Non vi sto dicendo di comprare qualcosa che odiate, con cui state scomodi e vi sentite inopportuni, peggiorerebbe la situazione, quello che dico è di non comprare cose che piacciono eslcusivamente a voi o ad una ristretta cerchia di persone. Il vestito che indossate deve piacere tanto a voi quanto agli altri, deve essere considerato bello in generale, e se la gente non lo considera bello, ma piace a me, non lo si mette in pubblico. I vestiti sono nati come protezione dal freddo dalle intemperie ecc... adesso il vestito ha totalmente perso questa funzione, il vestito è uno strumento sociale, un veicolo di comunicazione, col vestito ci si rapporta con la società, e se non volete essere degli eremiti, dovete vestirvi con qualcosa che la società ben vede. Vestirsi con qualcosa di mal visto dalla società vuol dire rapportarsi con la società in malomodo, come se io volessi diventare amico di qualcuno e, per approcciarlo, inziassi a picchiarlo invece di parlarci. Non si creerebbe di certo un buon rapporto e visto che vivete in società E' NECESSARIO creare un buon rapporto con essa, se no non dovete vivere in società. Quello che ho scritto vale anche per la seconda regola, la quale all'inizio voleva dire: Se qualcuno pensa o considera le tue idee siano stupide, ascoltalo, e se necessario, fregatene conservando la tua autonomia.
Naturalmente la massa d'idioti ha rapportato la regola, che riguardavo l'astratto, al concreto.
Così da far sì che questa massa se ne se ne fregasse completamente di cosa pensavano gli altri, producendo menefreghismo ed egoismo, l'effetto opposto; inoltre gli "altri" di cui ci si frega, costituiscono la società e fregarsene di cosa loro pensano peggiora ancora il rapporto con loro.
La terza regola è la più difficile, nasconde una metà di verità ed una metà di errore, questa regola intendendeva, ovviamente, evitare di conformarsi con le idee e le opinioni, vero segno di debolezza e poca personalità.
Indovinate la massa d'idioti che ha fatto? Sono sicuro che la metà di voi ci è arrivata.
L'altra metà fa parte della massa.
Rapportandola al concreto, la massa d'idioti ha trasformato così la regola: dobbiamo essere diversi in tutto e per tutto, imitare il modo di vestire o di parlare di un altro vuol dire essere deboli. SBAGLIATO. Conformarsi vuol dire accettare le regole che la società c'impone, le regole della società cambiano continuamente e noi dobbiamo adeguarci, conformarsi non vuol dire essere deboli, quando qualcuno si conforma e per sentirsi parte integrante di questa società, e non c'è altro modo di sentirsi parte integrante della buona vecchia società, inoltre, se capite l'idiozia odierna delle prime due regole, vi verrà naturale conformarvi.
Per conformarsi non intendo pensarla come la pensano tutti: questo E' SBAGLIATO. Conformarsi vuol dire vestirsi come si vestono gli altri, adottare alcune usanze (non tutte) che vanno di moda ed usano gli altri, essere simile negli atteggiamente, ma NON nelle idee. Diventare simili agli altri, non solo vi facilita la vita, ma vi da modo anche di rapportarvi con la massa d'idioti: le persone intelligenti saranno conquistate dal vostro carattere e dalla vostra mente, la massa d'idioti saranno conquistate dal vostro modo di agire e di vestire. Vincete su ogni fronte. E' l'unico modo per rapportarvi con la massa d'idioti (che da ora chiameremo semplicemente "Popolo", questa parola non ha alcun richiamo aristocratico, ma gli idioti sono talmente tanti che potrebbero costituire un popolo). Adesso vi state chiedendo: ma perchè io, persona intelligente, devo rapportarmi con il Popolo? Perchè costituiscono la gran parte della società, ed anche la parte più influente, rapportarsi anche con loro E' NECESSARIO. Vestirsi in modo totalmente diverso, o agire in modo totalmente contrario a quello accettato dalla società rivendicando quella vostra tanto agoniata "libertà" NON è sinonimo di originalità, è solo manifesto di una ribellione inutile e stupida.
Non fate l'errore, però, di conformarvi anche con le idee, perchè sareste completamente risucchiati dal Popolo e diventereste degli idioti.
Per questo dico sempre: conformarsi col vestiario e non con le idee.

Vi auguro buona lettura e buona notte, miei adorati.

Marco Migliaccio.

domenica 11 settembre 2011

Un'utile costrizione.

Una persona a me cara mi ha consigliato di aprire quesot blog. Potrebbe essere una buona idea. Ha detto Potresti dare sfogo a tutto quello che pensi. Ha detto. Potresti anche trarne qualcosa di concreto. Ha detto.
Ma a me non serve concretezza, a me serve astrazione.
Come per tanti di voi, lettori e non, per me domani è il primo giorno di scuola: l'inizio dei doveri, l'inizio dei sacrifici, dei dolori e, a volte, delle gioie. Questa situazione mi fa riflettere; essendo una persona dal carattere altalenante, ciò che prima mi appare insopportabile, poco dopo sembra diventare quasi rassicurante, eppure per la scuola questa non accade. Il piatto della bilancia del dolore è troppo pesante perchè quello della gioia possa eguagliarlo.
Non v'ingannate, non sono qui per dire che la scuola è uno schifo e che sapere cosa pensava Platone sulle idee secoli fa o sapere fare una disequazione sarà totalmente inutile nella vita, io non sono uno dei soliti studenti contro scuola, nè uno di quegli adoranti dell'istruzione scolastica, ma ammetto che se non fosse per la scuola sarei la metà di quello che sei. Sia in senso positivo che negativo.
In questo mio post la scuola avrà solo il valore di manifestazione del dovere imposto. La scuola NON è un Dovere, è un dovere. Un dovere impostoci dalla società in cui viviamo, così come lo è il lavoro, un falso dovere poichè non è radicato nella natura dell'essere umano: se deste ad un uomo la possibilità di condurre la stessa identica vita senza lavorare, nessuno lo sentirebbe più come un dovere e tutti abbandonerebbero il lavoro. Il vero Dovere che noi soddisfiamo lavorando è il Dovere di vivere, senza lavoro non si può vivere e noi DOBBIAMO vivere, è uno dei Doveri reali; i Doveri reali, però, non si limitano solo ai bisogni dell'uomo, come, per l'appunto, vivere oppure mangiare, dormire e scopare, i Doveri reali sono qualcosa di molto più astratto. Avete mai provato il Dovere di vedere un amico o il Dovere di uscire? Uscite con i vostri amici nonostante non abbiate voglia perchè vi sentite in Dovere con loro, in Dovere di non privarli della vostra presenza, in quanto è necessario per il loro bene che voi stiate lì, anche solo a tenere loro compagnia in una serata noiosa e vuota.
Il Dovere non è solo ciò che è necessario fare, ma anche ciò che non cede alle voglie e ai capricci in alcun modo.
La scuola può sembrare tale, in quanto, nonostante non ci vogliate andare, ci andate lo stesso, ma la vostra poca voglia non incide sullo studio e sull'attenzione? E se aveste la possibilità di decidere un giorno in cui la voglia vi abbandona, non scegliereste di saltare quell'aborto del piacere? Allora la scuola cede alla voglia e ai capricci.
Altra cosa che ritengo ridicola della scuola è il fine che le si attribuisce. 
Questo discorso vale soprattutto per i licei, ma non esclude del tutto gli istituti professionali.
Provate a cheidere ad un professore a cosa serve la scuola; il 90% di loro vi rispondere che la scuola serve per trovare lavoro in futuro. Mi viene in mente una scena che ancora conservo nella mia memoria: ero in prima media, il primo giorno di scuola e, dopo pochi minuti dal suono della campanella, dalla porta entrò il preside. Un uomo alto, con dei baffi neri che gli conferivano un'area quasi maestosa, rassicurante, come i padri-eroi della Disney: buoni ed amorevoli. A regalargli un'area ancora più imponente era il vestiario, giacca e cravatta, qualcosa che allora avevo visto solo in televisione o indosso a mio padre; credo che fu per quello che ne fui rassicurato all'inizio, lo associai a mio padre nelle serate di famiglia più eleganti, quelle in cui era più felice.
Il volto non poteva di certo tradire quest'amplesso di serietà.
La fronte era corrugata, questo accentuava la rughe rendendo quella faccia ancora più saggia; gli occhi dritti dinnanzi a sè, non mostrarono nessuna curiosità per i piccoli esseri umani presenti in quella classe; le labbra erano serrate tra loro, coperte dai grandi baffi e le narici si dilatavano lentamente.
Non si schiarì la voce, non fece alcun gesto, non gesticolò. Fece scorrere gli occhi per la classe e disse "Ragazzi! Vediamo di studiare, questa è la scuola più importante, senza licenza di terza media non puoi neanche andare a vendere la frutta su di un carretto in mezzo alla strada!" Più che parlare, gridò. Allora non capì quelle parole, adesso ne ho compreso la gravità.
Io non vado a scuola per trovare qualcosa di meglio che fare il fruttivendolo in mezzo ad una strada, io vado a scuola per il SAPERE, e qui torniamo al discorso di prima: come fa la maggior parte dei professori a pretendere ideali e senso del Dovere, due concetti astratti, se per loro la scuola ha un fine ESCLUSIVAMENTE concreto? Come possono pretendere l'evoluzione della mente se fanno propaganda dell'evoluzione del sapere pratico? Per loro imparare ha un fine fuori di sè: io imparo per mettere in pratica. No! Questo tipo di sapere, per Platone, è utile e assolutamente non disprezzabile, ma non è il tipo di conoscenza più alta. Io imparo per il piacere d'imparare, conosco perchè voglio conoscere, mi acculturo perchè sento il bisogno di cultura. Un sapere fine a se stesso. La gente dovrebbe smetterla di considerare la scuola per quello che darà loro in futuro,e dovrebbe iniziare a considerare la scuola per quello che da loro ORA.
Se gli studenti lo capissero, molti di loro si metterebbero l'animo in pace.
Vi lascio con questa mia considerazione: la scuola non è un Dovere, è un'utile costrizione.


Auguro a tutti voi buonanotte ed un piacevole rientro a scuola.
Marco Migliaccio.